I bambini non sono di frequente presenti in farmacia durante il ritiro di un farmaco. Tuttavia, tanto i bambini quanto i genitori sono favorevoli e ricettivi a una consulenza sui farmaci pediatrici da parte del farmacista. Sembra quindi necessario lo sviluppo e l’impiego da parte dei farmacisti di tecnologie interattive ed educative per facilitare il counseling e istruire i bambini sull’uso efficace e sicuro dei farmaci. È la conclusione di una survey americana – pubblicata sul “Journal of the American Pharmacists Associaton”.
La ricerca, condotta all’Università di Pittsburgh, aveva lo scopo di esplorare il punto di vista dei bambini e dei genitori relative a conoscenza ed esperienze d’uso di farmaci per condizioni croniche.
Bambini favorevoli all’informazione con tecnologie interattive
Dall’analisi dei risultati si è visto che i bambini e i genitori avevano punti di vista simili sull’uso dei farmaci pediatrici e sulle esperienze di consulenza da parte del farmacista. In particolare, sono emerse sei tematiche-chiave: a) la conoscenza, l’autogestione e le esperienze di utilizzo di farmaci nel bambino; b) le informazioni essenziali sui farmaci e le relative fonti; c) la frequente assenza del bambino in farmacia; d) le esigenze e le raccomandazioni relative al consiglio al cliente; e) il ricorso a tecnologie interattive per facilitare l’apprendimento sui medicinali; f) le percezioni dei farmacisti. I partecipanti hanno riferito che i bambini stavano gestendo autonomamente i loro, anche se avevano una minima conoscenza degli stessi. Inoltre, sia i bambini sia i genitori hanno affermato che l’assenza del piccolo durante il ritiro del medicinale in farmacia costituiva un ostacolo a ricevere una consulenza dai farmacisti. I bambini, del resto, erano favorevoli e ricettivi all’essere educati dai farmacisti sui loro farmaci. In particolare, i genitori e i figli hanno insistito nel raccomandare l’uso di tecnologie interattive ed educative per la consulenza pediatrica.
Un esempio da importare in Italia
Lo studio ha un valore rilevante perché ipotizza la soluzione a un reale problema clinico: l’elevato tasso di uso improprio di farmaci tra i bambini affetti da patologie croniche. Ciò spesso è dovuto alla mancanza di nozioni, colmate da informazioni non affidabili raccolte sui social media. Questa ricerca potrebbe trovare applicazione in Italia? Va detto che da noi il counseling in farmacia è diffuso e ben regolamentato pur non essendoci ancora un insegnamento specifico nel corso di laurea in Farmacia ma solo corsi di aggiornamento sul tema. Anche da noi sono di solito i genitori a informarsi su posologia e conservazione dei farmaci per i loro figli, ma spesso affrontano temi come intolleranze, allergie specifiche o reazioni avverse, per le quali è d’obbligo la segnalazione all’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Stando al focus sull’uso dei farmaci in età pediatrica tratto dal rapporto Osmed 2015, i maggiori consumi si hanno nella fascia tra zero e due anni. Significativamente, considerando l’intera popolazione pediatrica (al di sotto dei diciotto anni), nella lista dei primi trenta principi attivi vi sono ben sei farmaci antimicrobici e il terzo posto assoluto è occupato dall’amoxicillina associata ad acido clavulanico. È evidente che un uso così diffuso di antibiotici rappresenta un serio pericolo per la diffusione di antibioticoresistenze. Non è da sottovalutare, quindi, che un insegnamento mirato ai bambini sull’uso appropriato dei farmaci, e degli antibiotici in particolare, possa rappresentare una strategia non ancora attentamente valutata per il suo potenziale impatto in Italia, Paese maglia nera in Europa per l’uso inappropriato degli antibiotici