Food e beverage trainano la crescita del Largo Consumo Confezionato ma i consumatori, più selettivi, optano sempre più spesso per i prodotti “free from”. IRI nelle righe che seguono ci presenta sinteticamente le nuove tendenze.
Il driver della crescita nel Largo Consumo Confezionato
Nel Largo Consumo Confezionato sono gli Alimentari e le Bevande il vero driver della crescita. Nei primi sei mesi del 2017 questo trend si conferma: +1,8% l’andamento dei volumi per il food, +4,2% per il beverage a fronte di un + 2% del Largo Consumo Confezionato nel suo complesso. I mesi della primavera-estate particolarmente caldi rispetto al 2016 hanno sospinto le vendite delle bevande analcoliche e dei prodotti alimentari stagionali (gelati, surgelati, ecc…), portando i risultati del primo semestre su livelli più che apprezzabili.
Nuove tendenze
C’è un elemento di novità da considerare, elemento che ha caratterizzato le vendite di prodotti di largo consumo negli ultimi anni. I consumatori acquistano, ma fanno scelte diverse rispetto al passato, prediligendo, all’interno del food&beverage, alcune specifiche categorie a discapito di altre. Spesso anche di quelle più tradizionali, diciamo pure “storiche” come il latte, la pasta di semola o la carne rossa. Questo fenomeno riguarda in maniera diffusa anche i clienti più tradizionalisti.
Possiamo quindi evidenziare un significativo dinamismo di quei segmenti classificati come “free from”, che nel 2016, con un trend del +4,2%, hanno sviluppato oltre 2 miliardi di euro di fatturato.
Il gluten free nel 2016 ha sviluppato circa 190 milioni di euro (con una crescita del 20% anno su anno) e oltre 22 milioni di chilogrammi. Pane, prodotti da forno, pasta e surgelati, sono le merceologie più acquistate.
Uno sprint nei consumi che non può essere imputato esclusivamente all’incremento di diagnosi di intolleranza al glutine né alla maggiore offerta nel canale, capace di drenare gli acquisti in farmacia, ma soprattutto alla crescita degli acquisti di questo tipo di prodotti da parte di chi non è intollerante al glutine
Anche per i prodotti senza lattosio si configura uno scenario simile: 14% di crescita anno su anno, per un valore di 410 milioni di euro. Bene pure i prodotti senza uova che crescono del 12,3% e valgono 104 milioni di euro.
Legittimo anche in questi casi chiedersi se siano realmente in incremento i casi di intolleranza e di allergia o se, piuttosto, non ci sia un’altra spiegazione.
Il segmento “light”
Al contrario il segmento “light” (senza grassi, zuccheri, sale) segna un po’ il passo, probabilmente penalizzato dalla connotazione fin troppo generica rispetto a “free from” più specifici e più “cool”.
Ci sono tuttavia categorie in cui continua a funzionare molto bene, come nel caso del beverage dove le formulazioni più leggere (senza zucchero) trainano il mercato.
La ricerca del benessere
L’impressione generale è che questo cambio di abitudini sia molto spesso incentivato semplicemente dalla “voglia di star bene”.
Non è detto che si tratti di scelte definitive, né che l’opzione del “senza” riguardi tutti i prodotti. Molto più spesso si tratta di acquisti saltuari, che non hanno un reale impatto dal punto di vista della dieta ma che, divenuti fenomeno di massa e moltiplicati per svariati acquisti, rendono performanti alcuni segmenti di mercato e producono lo spostamento di consumi che abbiamo descritto.
Questa tendenza, al di là del free from, ha effetti su referenze che offrono una peculiarità, una promessa di benessere; come per esempio i prodotti integrali per il loro contenuto di fibre, quelli a base di soia in quanto fonte di proteine vegetali, i superfoods per i loro nutrienti o i prodotti bio, in grado di rassicurare i consumatori. Naturalmente si tratta di dinamiche di crescita che non potrebbero esistere se non fossero sostenute da un’offerta consistente e ben strutturata.