La scorsa settimana il ministero della Salute ha pubblicato la classifica dei 50 farmaci Sop e Otc più venduti nel secondo trimestre del 2013. Dominano i prodotti per il trattamento degli stati febbrili, della tosse, del mal di testa, dei dolori muscolari e articolari, dei dolori mestruali, dei disturbi a intestino e stomaco. Il suggerimento è che i farmacisti si studino con attenzione la graduatoria e poi vadano dietro al banco a contare quanti dei medicinali elencati dal Ministero sono effettivamente in esposizione. Il fatto è che quando giro per farmacie, li vedo raramente sugli scaffali.
E se chiedo al titolare perché li tiene nel cassetto e non li espone, la risposta è sempre la stessa: «Se il cliente li vuole me li chiede, è inutile tenerli fuori». Ma c’è di peggio: ci sono farmacie che usano il retrobanco come un “magazzino a cielo aperto”. Spesso le confezioni sono disposte di taglio e in ordine alfabetico, in spregio a ogni regola di visual merchandising e category management, perché lo scopo è solo quello di aiutare il farmacista a trovare velocemente il prodotto che cerca. E così facendo quante vendite si perdono: il cliente non vede il prodotto, non scatta lo stimolo all’acquisto e il farmacista perde il richiamo che arriva dalla comunicazione pubblicitaria. Una delle regole fondamentali del marketing dice che l’85% delle vendite arriva dall’osservazione dei prodotti nel punto vendita.
Per essere ancora più chiaro, propongo una fotografia scattata all’interno di una farmacia che ha aperto da poco: arredo moderno, illuminazione perfetta, percorso ingresso-banco studiato e “forzato”, tipo autogrill. Però lo scaffale dietro al banco delle prescrizioni non è “vestito” e gli stagionali primaverili stanno in prima fila anche se l’immagine risale al periodo di Natale. Ma soprattutto, sui ripiani sono quasi del tutto assenti i prodotti leader (che vengono ricordati nella cornice della fotografia). Stiamo proprio parlando di quei Sop-Otc che fanno parte della lista dei 50 del Ministero. Nei corner della Gdo fanno invece presenza fissa, per la famosa legge di Pareto dell’80-20: l’80% del fatturato è realizzato dal 20% dei prodotti e i 50 della graduatoria sono la punta di lancia di quei 300 farmaci “no-prescription” che fanno l’80% del giro d’affari.
Anche sui prezzi le farmacie peccano spesso di disattenzione. Alcune non hanno più adeguato i listini di Sop e Otc dai tempi del decreto Storace sugli sconti e delle lenzuolate di Bersani. Risultato, continuano a perdere marginalità. Ora che per questi prodotti le banche dati non riportano più un prezzo consigliato, è fondamentale che il farmacista si procuri dati aggiornati sui prezzi medi praticati nella sua zona di riferimento, dalle altre farmacie così come dagli altri format. In caso contrario, si rischia soltanto di rinunciare a quote di fatturato: misurato sul giro d’affari medio della farmacia, uno sconto medio del 10% sui Sop-Otc significa 12mila euro in meno all’anno, che diventano 24mila se si aggiunge l’aumento del prezzo al quale la farmacia acquista. In pratica, il costo di un dipendente.
Come se non bastasse, in farmacia gli sconti vengono spesso fatti male. Senza un criterio e soprattutto senza un’adeguata comunicazione alla clientela. Che, a giudciare da quanto dicono le ricerche di mercato, lamenta scarsa leggibilità e trasparenza dei prezzi in farmacia. E’ un’altra disattenzione di molti titolari: capita spesso di vedere farmacie con i prodotti esposti senza l’indicazione del prezzo, quando invece l’articolo 14 del D.lgs 114/98 e le norme sugli sconti di Sop e Otc la renderebbero obbligatoria. Ma prima che la legge, è il marketing a volerlo: un cliente che non riceve tutte le informazioni di cui ha bisogno, è un cliente che va ad acquistare da un’altra parte.