La filiera della sanità, composta dalla parte pubblica e da quella privata, mantiene in salute l’economia e la società del Paese: infatti il comparto vale quasi l’11% del Pil e dà lavoro a 2,4 milioni di persone. Questo quanto emerge dal Rapporto 2018 di Confindustria sulla Filiera della Salute, recentemente pubblicato, nel quale viene fotografato il grande valore economico e sociale che il comparto, costituito da sanità pubblica, impresa privata e indotto, mette al servizio dell’Italia.
Non solo risultati economici
Parlare di ‘valore della filiera della salute per il Paese’ non significa considerarne esclusivamente i risultati economici e occupazionali, bensì comprenderne soprattutto l’impatto sociale, ovvero i benefici che genera in termini di miglioramento delle cure per i cittadini, nonché di tutela generale della salute.
Dai risultati dello studio, realizzato insieme alle Associazioni confederali di categoria che rappresentano la filiera stessa (Aiop, Assobiomedica, Farmindustria, Federchimica e Federterme), si evidenzia come il sistema salute italiano pubblico e privato, la cosiddetta white economy, e le sue interazioni con gli altri settori, costituiscono uno dei principali motori dell’economia e di sviluppo del Paese, con un 10,7% del Pil e il 10% dell’occupazione, con elevate risorse destinate alla ricerca e alta concentrazione di innovazione, pari a 2,8 mld di euro, nonché ampio terreno di sviluppo per le tecnologie digitali.
Il perno decisivo della white economy è costituito dall’industria privata della salute: un settore i cui principali indicatori di performance, nonostante la crisi, registrano miglioramenti significativi sia in termini percentuali, rispetto al totale nazionale, sia in termini assoluti.
Un sistema sanitario ai primi posti
È grazie a questi numeri, che la filiera della salute contribuisce in modo determinante all’efficacia delle cure per i cittadini, e con essa, al miglioramento costante della qualità e della lunghezza della loro vita, portando il nostro Paese ai primi posti nelle classifiche internazionali.
Secondo i report annuali dell’Ocse sulla salute, infatti, gli indicatori sui risultati del sistema sanitario italiano sono piuttosto buoni nel confronto internazionale. L’aspettativa di vita in Italia rimane la seconda più alta in Europa, dopo la Spagna: ha raggiunto 83,2 anni nel 2014, oltre due anni sopra la media UE (80,9 anni) e ben 5 punti percentuali in più rispetto al 1990.
Tra i fattori che hanno contribuito alla crescita dell’aspettativa di vita vi è la buona qualità dell’assistenza sanitaria ospedaliera. I dati Ocse mostrano, per esempio, che in Italia il tasso di mortalità a seguito di un ricovero ospedaliero per ictus si è significativamente ridotto in 10 anni e, nel 2013, era tra i più bassi nell’UE. Negli ultimi anni ci sono stati miglioramenti anche nella gestione di condizioni croniche come l’asma e l’insufficienza cardiaca congenita, misurati dalla riduzione dei ricoveri ospedalieri per queste patologie
Digitalizzare la sanità
Le tecnologie digitali devono svolgere un ruolo strategico perché rappresentano un driver fondamentale per modernizzare, semplificare e rendere efficiente l’intero sistema sanitario e possono aiutare a colmare i ritardi che ad oggi scontiamo in termini di efficienza e produttività. Nell’ambito delle tecnologie digitali è fondamentale l’utilizzo e la valorizzazione dei big data i quali dovranno costituire la “leva” su cui riprogettare automaticamente il sistema sanitario nel tempo.
Inoltre occorre realizzare un sistema di alta formazione per le figure operanti in sanità, che abbia come elemento fondante la collaborazione tra settore pubblico e imprese, soprattutto per il fatto che i beni e servizi della filiera sono altamente innovativi.
In conclusione, la white economy rimane un ambito decisivo per la crescita economica degli anni futuri, che ha bisogno di risorse coerenti con questi obiettivi ambiziosi e con una domanda di salute in netto aumento.