Reduce da un recente incontro in Emilia-Romagna, voglio condividere alcune riflessioni su una categoria – quella dei titolari di farmacia – ritenuta da molti conservatrice e immobilista, incapace di fare programmazione di lungo periodo e collaborare al proprio interno, poco attenta agli “scricchiolii” che riguardano la propria professione e la propria azienda. Anche io in passato posso avere espresso qualche considerazione di tale genere.
Oggi invece vedo una categoria in movimento che va ben al di là dei farmacisti “spartani”, ovvero quei soliti “300” che s’incontrano sempre ai convegni, in prima linea, interessati, affamati, arrabbiati. Questo è il primo dato: di fronte al proliferare di incontri e dibattiti, si iniziano a vedere in giro facce nuove. E giovani titolari di farmacia (o giovani soci). Seconda considerazione: le facce nuove sono, oltre a quelle dei farmacisti, quelle degli interlocutori coi quali la categoria si confronta, così come gli argomenti. Lo sguardo è sempre più spesso rivolto alla domanda di salute provenientee dalla comunità e sempre meno alle difficoltà della categoria, all’autoreferenzialità.
A questi momenti, o meglio “movimenti”, più istituzionali quali convegni e seminari, fiere e manifestazioni, scuole, master, accademie varie, si affiancano più o meno in punta di piedi occasioni d’incontro, confronto e collaborazione costituite da gruppi di lavoro e/o di progetto, formati da “liberi” farmacisti provenienti da tutta Italia. L’esperienza emiliana alla quale mi riferivo è quella rappresentata da una trasferta di uno di questi gruppi in un’azienda dal nome importante. Ad accomunare i suoi componenti è una certa dimensione della loro impresa-farmacia, diciamo dai 2/2,5 milioni di fatturato in su. Ma soprattutto, unisce la convinzione che questa attività possegga ancora grandi potenzialità da esplorare, esprimere e valorizzare.
Sono farmacisti interessati ad approfondire, a riprendere i libri in mano per studiare e portare avanti con serietà e impegno progetti con i loro fornitori. È un rapporto che è cambiato, è diventata una partnership con scambio reciproco e paritario di utilità. Farmacisti e aziende si mettono attorno allo stesso tavolo per studiare e sviluppare idee e lo fanno circondandosi di esperti diversi sia per apprendere nozioni nuove (formazione), sia per ricevere un supporto all’implementazione dei progetti (consulenza). Anche su questi esperti è necessario sottolineare un aspetto: le aziende non coinvolgono “semplici” esperti, ma si rivolgono a persone che sono innovative nei loro contesti professionali, che sono due-tre passi avanti rispetto ai loro colleghi. È un confronto stimolante con professionisti con alta competenza tecnica e scientifica, che hanno ampia visione d’insieme e offrono spunti di riflessione sui quali rimuginare anche a giorni di distanza; è così che un semplice device elettronico diventa la chiave di volta per un ruolo di primo piano del farmacista nella gestione della salute pubblica.
Un pensiero corre verso quei farmacisti che proprio non possono uscire dalle proprie farmacie, per ragioni economiche, di personale eccetera. Sono convinto che questi pionieri stiano lavorando – più o meno consapevolmente – per tutta la categoria e che questi “prototipi” di servizi/prodotti entreranno pian piano nella quotidianità di tutte le farmacie. Quindi non temete questi movimenti, partecipate se potete, osservateli e sosteneteli se non potete seguirli, sono esploratori che potrebbero “scoprire” qualcosa di utile e d’importante per tutti.
Farmacisti in fuga dall’autoreferenzialità
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