Il Ddl Concorrenza a due anni e passa dalla presentazione non è ancora giunto all’approvazione definitiva in Parlamento e il dibattito sui futuri scenari è molto acceso. L’ombra delle catene si allunga sempre più sulle farmacie italiane? Negli Usa, dove la presenza delle catene è la regola, alcune farmacie indipendenti si sono organizzate per non perdere fatturato. Come si comporteranno in Italia i gruppi che già operano nel settore, vedi i giganti della distribuzione intermedia? Con quale rapidità i detentori di capitali cercheranno di assicurarsi quote di mercato sul territorio?
Lo scenario oltreoceano
Oltreoceano le catene più che l’eccezione sono la regola. Il caso del Berkshire, regione del Connecticut, è indicativa. Un recente articolo comparso sulla versione on line di The Berkishire Eagle ricorda che nel 1984 c’erano 38 farmacie indipendenti nella contea, oggi ne sono rimaste solo tre. Le cause? La proliferazione delle catene, il diffondersi dei servizi postali e on line, il calo progressivo dei rimborsi da parte delle assicurazioni sanitarie. E tuttavia i tre farmacisti indipendenti superstiti hanno tutti trovato il modo di non farsi sommergere. Come? Semplice: focalizzandosi sul servizio al cliente e su una tipologia di offerta diversa rispetto alle catene. Uno di essi punta molto sulle forniture di medicinali a pazienti anziani lungodegenti; un altro su un’ampia gamma di integratori, 64 referenze complessive che le catene non hanno. Differenziarsi, insomma, puntare sui prodotti di nicchia, valorizzare il rapporto umano come elemento di distinzione. «Tutte le indagini che sono state fatte sul gradimento dei cittadini testimoniano che i pazienti sono più contenti di andare, ricetta alla mano, nelle farmacie indipendenti perché in esse trovano più dialogo con chi sta dietro il banco e una maggiore qualità del servizio» dice Todd Brown, direttore della Massachusetts Independent Pharmacy Association.