Farmacie comunali, ora la moda è vendere

Da Bologna a Genova e Torino, sono parecchie le amministrazioni che cercano di fare cassa con la dismissione delle loro municipali. Ma il difficile oggi è trovare chi compra

Farmacie comunali, ora la moda è vendere

Non chiamateli saldi perché i prezzi non sono d’occasione, ma anche per le farmacie comunali è stagione di vendite. Colpa dei tagli ai trasferimenti, delle rigidità del Patto di stabilità e dei bilanci sempre più risicati di molte amministrazioni, fatto sta che l’elenco delle municipalità pronte a vendere è lungo, a tal punto da costringere a far tappa soltanto nelle grandi città. Bologna, per esempio: secondo notizie di stampa, il comune si starebbe preparando a dismettere la propria partecipazione in Afm, l’Azienda farmacie municipali, cui fanno capo 37 farmacie; la quota controllata dall’amministrazione ammonta al 15,86% della società, il cui pacchetto di maggioranza (poco meno dell’80%) è saldamente nelle mani di Admenta. Al momento non è ancora nota la cifra che il Comune spera di ricavare dall’operazione, ma sono in molti a pensare che trovare compratori non sarà facile.
Stesso pessimismo a Genova, dove a metà dicembre l’amministrazione comunale ha presentato un piano di risanamento della società Farmacie Comunali che prevede la vendita a privati di tre farmacie su 11 e, con le risorse raccolte, la ricapitalizzazione dell’azienda per 210mila euro. Il passaggio è obbligato perché la società denuncia da qualche anno rossi sempre più profondi: nel 2012 il deficit dovrebbe aver raggiunto i 300mila euro, quasi il doppio rispetto ai 180mila del 2011. L’obiettivo, in sostanza, è quello di risanare per difendere i posti di lavoro e riorganizzare per incrementare la competitività dei punti vendita, anche con l’allargamento degli orari di apertura e la contrazione della chiusura estiva. Il problema però è trovare chi sia disposto a comprare in una città che registra un quorum inferiore a 2.800 abitanti per farmacia, tenuto anche conto del fatto che le tre sedi da mettere in vendita sono tutte ubicate in periferia.
Da Genova un salto in direzione nord-ovest ed eccoci a Torino: qui più che di dismissione sarebbe più corretto parlare di operazione da finanza creativa, perché il piano abbozzato dal comune a dicembre prevederebbe la cessione della quota di maggioranza (il 51%) della spa che gestisce le 34 farmacie cittadine alla Fct, la holding che ha per socio unico il comune stesso. Una sorta di partita di giro che ha per obiettivo quello di portare un po’ di liquidità nelle casse municipali aggirando le restrizioni del Patto di stabilità (il Comune lamenta un deficit che supera i 200 milioni di euro). Se il compratore c’è già, a ostacolare la dismissione in questo caso sono le regole: lo statuto della società, infatti, vieta ai soci cessioni di quote prima del 2014 e l’azionista di minoranza delle comunali – Farmagestioni, la cooperativa creata da Federfarma Torino nel 2008 per “salvare” le comunali dalla privatizzazione – non intende concedere deroghe. Anche a causa del valore dell’operazione: l’amministrazione municipale vorrebbe vendere a Fct a circa 20 milioni di euro, ma per Farmagestioni il prezzo di mercato è ben maggiore.

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