Prosegue il conto alla rovescia che si concluderà a luglio, quando pure in Italia sarà possibile acquistare farmaci sul web (anche se soltanto Sop e Otc). E se dal ministero della Salute arrivano alla spicciola aggiornamenti e “memo” sulle regole che farmacie ed esercizi di vicinato dovranno rispettare nell’e-commerce, dalla Francia alcune sentenze in materia di online invitano i titolari a drizzare le antenne.
Prima di tutto il Ministero. Nel corso del convegno internazionale organizzato venerdì scorso a Roma dall’Aifa per parlare di contraffazione dei medicinali e contrabbando, il dicastero ha proposto un ripasso delle regole che da luglio governeranno la vendita on line dei “senza ricetta”. Per esempio, non sarà un liberi tutti: la farmacia che vuole lanciarsi nell’e-commerce dovrà presentare domanda alla Regione competente (secondo le modalità previste dal d.lgs 17/2014) e fornire i principali dati tecnici del sito che andrà a mettere in piedi. E una volta aperto, occhio a che cosa si propone: valgono i divieti al 3×2 e alle fidelity card che già si applicano nel mondo reale (solo sul farmaco, ovviamente) e soprattutto, il sito web della farmacia e il sito logistico dal quale vengono smistati gli ordini devono coincidere. Che cosa significa è presto detto: se a vendere sul web è la farmacia Rossi, l’Otc e il Sop che arriva a casa dell’acquirente non può provenire direttamente dal magazzino del distributore, della cooperativa o del gruppo di acquisto cui si appoggia il dottor Rossi, ma dal magazzino della sua farmacia.
Ed è qua che entra in gioco la Francia. anche se con due anni di anticipo, i nostri cugini d’oltralpe hanno adottato sull’e-commerce farmaceutico una legislazione molto vicina alla nostra (o forse sarebbe più giusto dire il contrario: noi ci siamo ispirati a loro). E infatti, sulla logistica le norme francesi dettavano più o meno le stesse disposizioni: il farmaco venduto sul web deve partire dalla farmacia sul cui sito è stato comprato. Peccato però che nelle settimane scorse il tribunale amministrativo di Caen, nel nord della Frnacia, abbia accolto il ricorso di un farmacista e depennato la norma. Il titolare, in sintesi, aveva impugnato la delibera dell’Agenzia regionale di sanità che gli aveva rifiutato la registrazione del suo portale: secondo l’Agenzia la domanda era inammissibile perché il farmacista esercita l’attività di e-commerce non dalla propria farmacia, ma dal magazzino dove svolge attività di depositario, ubicato a quasi quattro chilometri di distanza. Per i giudici amministrativi, invece, il titolare può tranquillamente commerciare on line: l’assetto organizzativo dell’impresa, ha infatti riconosciuto il Tribunale, rispetta tutti i requisiti di legge e non arreca alcun danno alla tutela della salute pubblica. Per il legale che difendeva il farmacista, il pronunciamento dovrebbe offrire occasioni di sviluppo all’e-commerce dei farmaci, frenato da una legislazione obsoleta: «Se il magazzino in cui viene ospitato l’e-commerce è in regola con le norme» spiega il legale «non c’è alcun motivo per imporre a tutti i costi l’utilizzo dei locali della farmacia».
In Francia la sentenza ha destato qualche preoccupazione. Cresce infatti l’eventualità che nell’online le farmacie finiscano per fare da “vetrina web” ai grossisti o ai gruppi di acquisto, che poi si occupano del recapito del farmaco al domicilio del paziente. Ma dalla Francia arriva anche un’altra sentenza, stavolta del Consiglio di Stato. Risale a marzo e i giudici che l’hanno firmata se la sono presa con il decreto ministeriale che dettava le “Buone pratiche dispensazione” per l’online. A chiamare in causa la Corte erano stati i ricorsi di due società di farmacia attive nell’e-commerce (Gatpharm, titolare del portale Pharmashopi, e Tant d’M), che avevano impugnato il decreto accusando il ministero della Salute di essere andato oltre le proprie competenze.
Nel dare ragione ai ricorrenti, il Consiglio di Stato ha osservato come le disposizioni dettate dal dicastero vadano ben al di là di quanto previsto dalla direttiva europea e dalla normativa francese. In particolare, nel decreto vengono fornite regol dettagliate sulle modalità con cui presentare on line i prodotti, sui prezzi, sulla protezione e conservazione dei dati, sulla fatturazione, sul ritiro della merce e sui reclami. Misure, concordano i giudici, che travalicano l’ambito di intervento del ministero della Salute.
Il fatto però è che l’abrogazione totale del decreto lascia l’e-commerce francese degli Otc con un vuoto legislativo che l’Ordine dei farmacisti ha già paragonato, nel suo bollettino, a una vera e propria «liberalizzazione». Ora, infatti, a legiferare sulla materia rimane soltanto il decreto del dicembre 2012, che limitava l’on line alle sole farmacie autorizzate. Rimosso il provvedimento di giugno, spariscono invece i divieti sulle vendite promozionali e sui quantitativi vendibili, così come gli obblighi sulle informazioni da dare al consumatore, sulla farmacovigilanza e sulla pubblicità. Insomma, in Francia i farmaci venduti via web cominciano già a godere di libertà commerciali che finora erano state rifiutate nei canali di vendita tradizionali. Internet, in altre parole, potrebbe confermarsi un grimaldello anche in questo comparto. E se la cosa si concretizza in un Paese per tradizione fortemente “dirigista”, c’è di che stare attenti.
Farmaci online, la sottile linea rossa delle regole
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