Il format che nega la canalità. E’ quello dei “city-stores” di Essere Benessere secondo Danilo Salsi, presidente del gruppo dall’insegna arancione: 80 punti vendita aperti nel 2012 (attraverso la riconversione dei 118 negozi acquisiti dall’operazione Blockbuster) e una formula inusuale per il retail italiano che guarda a esperienze come Walgreens o 7-Eleven. Il varo della flotta di Essere Benessere continua a far discutere e a dividere, ma Salsi (al timone della catena assieme al socio Fabio Pedretti) sembra compiaciuto per quest’avventura fuori dagli schemi.
Presidente, i vostri city-stores rappresentano un format anomalo per il mercato italiano. Da dove nasce l’idea?
Il concept deriva dalle esperienze che abbiamo maturato nel corso di diversi anni di lavoro nella Gdo e dalla consapevolezza che oggi il consumatore tende a scappare dall’ipermercato, in nome di una nuova richiesta di prossimità. Con i nostri city-stores vogliamo cogliere questo trend andando oltre le logiche di canale: i nostri punti vendita sono contenitori da riempire con tutto ciò che serve al cliente. Per dirla tutta, noi siamo la negazione della canalità.
Qual è il posizionamento dei vostri stores?
Abbiamo grosso modo due tipologie di punto vendita, quella da 250 metri quadri di superficie e quella da 4-500 metri quadri. Quest’ultima è la meno innovativa, in sostanza si tratta di una piccola superette abbinata a una grande parafarmacia. Il format da 250 metri quadri, invece, può essere considerato una sperimentazione: abbiamo riunito tutto il food/non food su un’unica parete, con un’attenta selezione delle marche topseller della Gdo. Il resto è parafarmacia.
Quindi puntate più sull’assortimento che sui prezzi?
No, anche sul prezzo. Riusciamo a essere competitivi nei confronti dei nostri concorrenti diretti, le superette e i supermarket express: abbiamo differenze di prezzo anche del 15%.
Poi ci sono le aperture h24: quanti stores le praticano?
Al momento soltanto uno a Roma, Torino e Milano, dove a breve se ne aggiungerà un altro. La risposta del pubblico è stata superiore alle nostre aspettative, a Milano soltanto a luglio abbiamo battuto 752 scontrini nella fascia tra le 2 e le 3 del mattino. Altra sorpresa è il latte: ad agosto avevamo aperto una trentina di stores senza reparto del fresco per ragioni logistiche, quando il problema è stato risolto e il latte è arrivato gli accessi sono raddoppiati. Il latte è per noi quello che l’etico è per la farmacia.
A proposito di farmacie: in una recente intervista lei dice che presto negli stores ci saranno pure loro…
In realtà una già ce l’abbiamo, nel punto vendita di corso Europa a Milano. E’ vero, la farmacia completerebbe l’offerta dei city-stores e stiamo lavorando in questa direzione, anche se prima ci sono da superare alcuni scogli come la pianta organica. In ogni caso, posso dire che abbiamo già preso contatto con più di 200 titolari di farmacia, interessati a trasformare i loro presidi in stores Essere Benessere attraverso lo strumento del franchising.
Non avverte una contraddizione tra questo e quello che diceva prima sulla negazione della canalità? La farmacia fa dell’identità di canale uno dei suoi atout…
Innanzitutto vorrei fosse chiaro che noi non vogliamo azzerare la farmacia: con Comifin, la finanziaria del nostro gruppo, abbiamo impieghi nel canale per 500 milioni di euro; siamo i primi ad augurare lunga vita alle farmacie. Detto questo, a noi piace guardare in faccia la realtà: oggi sull’etico non si margina più quindi non ci sono che due strade, puntare sulla professionalità e i servizi – e io finora non ho ancora visto modelli di business capaci di reggersi da soli – oppure sul commerciale. Per noi il futuro è rappresentato da realtà come Walgreens ed è proprio Walgreens, nella sua comunicazione al pubblico, a parlare di superamento della canalità.
Adesso a che cosa state lavorando?
Il lancio degli stores ha richiesto un lavoro consistente e ci rendiamo conto che la novità del modello richiederà ancora aggiustamenti in corsa. Stiamo quindi lavorando al consolidamento del format e al suo “fine tuning”, con un occhio particolare all’assortimento e al posizionamento dell’offerta. Poi ci sono le scoperte “sul campo”: per esempio, abbiamo capito che si possono raggiungere ottimi risultati associando alcuni segmenti di prodotto: negli shampoo, dove le farmacie non eccellono, abbiamo raggiunto così indici di penetrazione del 90%.