Dermocosmesi, arrivano i category killer

Dermocosmesi, arrivano i category killer

Da una parte l’iper-specializzazione, dall’altra l’ibridazione. Due tendenze opposte e contrarie che stanno rivoluzionando il mondo del retail nel comparto del dermocosmetico e del “beauty”, farmacia compresa. Con la nascita di nuovi modelli di punto vendita, come i “self service drug”, oppure l’embricazione dei canali di vendita come nel caso dei drugstore Boots in Inghilterra, “farmacie-profumerie” che fanno ormai concorrenza ai beauty-stores tradizionali.


Riassume efficacemente la doppia tendenza in atto nel settore della cosmesi-dermocosmesi un articolo pubblicato sul magazine Pambianco beauty: l’ibridazione consiste nell’evoluzione dei canali verso l’integrazione di differenti merceologie e anche diversi posizionamenti di prodotto, da cui una “sfumatura” dei canali stessi, meno definiti e rigidamente schematizzati come un tempo; la super-specializzazione, invece, consiste nella ricerca di mercati più o meno di nicchia e al momento è un fenomeno evidente soprattutto tra le profumerie: il canale negli ultimi anni ha perso quote di fatturato importante e per reagire c’è chi ha scelto “l’upgrading”, ossia la focalizzazione sul lusso e l’eliminazione dei marchi di fascia media e medio-bassa.


L’ibridazione spiega la presenza sempre più ampia di cosmetici all’interno delle farmacie e, come già detto, l’avanzata dei self service drug (Ssd), punti vendita specializzati in prodotti per la cura della persona e della casa caratterizzati da un posizionamento mass market, ma con assortimenti anche “prestige”. Gli Ssd sono una realtà la cui crescita è stata impetuosa negli ultimi anni. Basti citare casi come Acqua & Sapone e Tigotà, che fanno capo al gruppo Gottardo, passato in otto anni da 186 a 542 milioni di euro di fatturato. O ancora LillaPois e LillaMoi, di Auchan, oppure IperSoap del gruppo toscano General, che ha totalizzato nel 2013 quasi 100 milioni di euro (erano 50 milioni nel 2008) con un ebitda vicino al 10%. Per quanto riguarda le farmacie, invece, il trend si declina nell’ampliamento dell’area dedicata alla dermocosmesi, con l’introduzione in alcuni casi delle cabine estetiche, sedute trucco e trattamenti. Non mancano contesti in cui il corner dedicato alla bellezza sembra quasi, a livello di layout e di visual merchandising, una profumeria all’interno della farmacia.


La voracità dei Self service drug obbliga le farmacie a stare all’erta: rubata l’esclusività di alcune referenze “prestige” alle profumerie, questi store mass market hanno cominciato ora a tallonare i presidi dalla croce verde, cominciando a distribuire prodotti che un tempo erano esclusiva del farmacista, perché appartenenti al segmento distintivo del dermocosmetico. Si tratta di una concorrenza da tenere sotto stretta osservazione: quando sono nati, gli Ssd sono riusciti a “rubare” quote di mercato persino alla grande distribuzione (ipermercati e supermercati), dove sono distribuiti i prodotti mass market di bellezza e cura casa. «Questi store» racconta a Pambianco beauty Gianluca Bonetti, ad di Deborah Group «sono category killer perché hanno portato via circa la metà del business cosmetico al grocery».


Il risultato, come spiega Gian Andrea Positano, statistics department manager di Cosmetica Italia, è che la grande distribuzione si prepara a riorganizzare il proprio assortimento: «Sicuramente ridurrà in modo sostanziale l’offerta dei prodotti bellezza. Già Auchan sta disinvestendo su questo settore, anche perché entra con LillaPois e LillaMoi nel segmento Ssd». Le previsioni per i prossimi anni, così, propendono per una crescita del canale drugstore. «Gli Ssd in Italia contano oggi circa 2.000 store» specifica Bonetti «ma nel giro di 5 anni arriveranno a 3mila».


Per contrastare la minaccia degli Ssd i canali tradizionali hanno iniziato a giocare la carta dell’iper-specializzazione. Alcune profumerie si sono focalizzate sul lusso e le aziende produttrici hanno fornito un aiuto organizzando la formazione del personale. «E’ difficile» racconta Roberto Serafini, dg L’Oréal Luxe Italia e sd Helena Rubinstein Italia «che la stessa persona sappia spiegare bene il valore di una crema da 200 euro, le valenze tecniche di un rossetto e la storia di un profumo. E’ necessario invece che ci sia personale specializzato con competenze sempre più alte». La competenza del personale è un anello mancante nei self service drug. «Questi canali ‘ibridi’ a noi non interessano» osserva Serafini «proprio perché ciò che premia oggi è la specializzazione, e questi punti vendita non dispongono di personale capace di orientare il cliente in modo professionale, non hanno un assortimento continuativo, non offrono confezioni regalo o packaging esclusivi, insomma non consentono una shopping experience unica e lussuosa».


L’adozione di brand in esclusiva potrebbe essere un’altra carta con cui contrastare la concorrenza dei Self service drug. «La differenziazione dell’assortimento è molto importante» confermano Jean-Luc Michelote Nicola Catelli, amministratori di Beautimport. L’allargamento dell’assortimento a marchi diversi o di nicchia, secondo Michelot, ridurrebbe poi la guerra sui prezzi che gli Ssd non hanno paura di scatenare. Nel caso delle farmacie, in particolare, l’evoluzione da imboccare è quella di diventare “templi della salute”, con brand dermocosmetici particolarmente studiati per la prevenzione di allergie, di intolleranze o di altre problematiche. Cioè marchi così scientificamente caratterizzati che non potranno essere venduti nei drugstore, trattandosi di prodotti specifici e mirati per i quali si riterrà opportuna la consulenza farmacista.

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