La prima è stata Comifar, imitata subito a ruota da due cooperative regionali della distribuzione intermedia. E altri grossisti stanno alla finestra, in attesa di sapere che cosa uscirà dal polverone che si è subito sollevato e, nel caso, imboccare la stessa strada. Quella, in sostanza, di rincarare i normali margini spettanti al distributore con un “fee” per consegna commisurato al volume degli ordini. La prima a farlo, come detto, è stata l’azienda del gruppo europeo Phoenix: da giugno, in sostanza, Comifar applica un supplemento di 5 euro a consegna per fatturati mensili fino a 5mila euro, oppure di 5 euro ogni due consegne giornaliere per fatturati tra i 5 e i 10mila euro (per cifre superiori non viene applicato alcun fee). Ma c’è di più: in base a quanto riportano le farmacie clienti, su tali compensi aggiuntivi l’azienda applicherebbe l’Iva al 21% e richiederebbe tempi di pagamento solitamente non superiori ai 30 giorni fine mese, con addebito degli interessi ai tassi di mercato in caso di superamento.
L’iniziativa del gruppo, che con una quota di mercato del 19% è tra i leader della distribuzione intermedia italiana, ha subito messo sul chi vive Federfarma: a metà luglio, in un incontro informale con Adf e Federfarma Servizi, il sindacato titolari si è fatto portavoce delle rimostranze dei suoi associati, senza peraltro assumere posizioni intransigenti che avrebbero rischiato di metterlo in collisione con l’Antitrust.
Dal canto loro, i distributori hanno fatto presente le condizioni in cui lavorano da ormai tre anni, ossia da quella Manovra che nel 2010 ridusse di 3 punti percentuali la loro marginalità: ricetta rossa in perdita, utili ridotti al lumicino e costi incomprimibili per la natura del servizio (a partire proprio dalle consegne). Il confronto riprenderà certamente nelle settimane a venire quando si riaprirà il tavolo ministeriale sulla riforma della remunerazione. Intanto tra gli addetti ai lavori c’è chi legge l’iniziativa della Comifar come il segnale che nella distribuzione intermedia del farmaco s’è accesa la spia della riserva: per anni le aziende del comparto si sono contese il mercato della farmacia a colpi di sconti sul farmaco (controbilanciati da condizioni meno vantaggiose sull’extrafarmaco, dove il titolare era meno attento) e dilazioni di pagamento degne di una banca.
Ora, con la marginalità ridotta al lumicino, non solo queste strategie non sono più sostenibili, ma nel segmento intermedio c’è anche da fare i conti con una fragilità che rischia di mettere in pericolo anche la stabilità del sistema farmacia: con gli attivi così risicati, i grossisti rischiano di essere messi in ginocchio da eventuali inesegibilità dei crediti con le farmacie, ma un distributore che fallisce può a sua volta essere una mina per le farmacie clienti. E così, la filiera del farmaco ricorda quelle file di carcerati che nei film americani venivano incatenati assieme per le caviglie: se si vuole uscirne, l’unica è correre all’unisono.