Alle catene si risponde con le catene virtuali, alle multinazionali che – una volta diventato legge il ddl concorrenza – verranno in Italia a comprare farmacie e innalzare insegne si risponde con le stesse armi, cioè la standardizzazione dei processi. E’ il messaggio lanciato da Cef all’inaugurazione della nuova filiale logistica della cooperativa bresciana, celebrata sabato 3 ottobre a Roma in una cerimonia alla quale ha partecipato anche il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. Nell’evento si è parlato della nuova struttura – «rafforzerà e renderà ancora più efficienti le farmacie del nostro territorio, la cui presenza è fondamentale per la tenuta del sistema sanitario», ha detto lo stesso Zingaretti – e delle peculiarità del cooperativismo tra farmacisti, di cui Cef è oggi la prima espressione (per quota di mercato a livello nazionale): «Noi serviamo indistintamente tutte le farmacie, dalla più grande alla più piccola» ha ricordato il presidente, Vittorino Losio «anche quelle sperdute in montagna e quelle che la distribuzione privata non serve perché non è conveniente. E lo facciamo per l’alto valore sociale che tali farmacie rappresentano in questi territori».
Ma si è anche parlato di aggregazionismo e di integrazione tra farmacie e cooperative della distribuzione intermedia. Non a caso, all’inaugurazione è stata data la notizia che le quattro reti retail che oggi fanno capo a Cef – FarmaciaINsieme, +bene, Farmondo e Farmapiù, in tutto circa 1.200 farmacie affiliate – saranno interessate tra breve da un riordino che ridurrà a due i network. Il primo (FarmaciaINsieme) caratterizzato da condizioni di affiliazione più leggere: partecipazione alle campagne di informazione e prevenzione lanciate dalla cooperativa, category del retrobanco, protocolli certificati per il consiglio al cliente, campagne e consiglio coordinato sui generici.
L’altro network invece (+bene, oggi prevalentemente laziale) si distinguerà per una delega più vincolante, come già accade oggi, in cui la rete prenderà direttamente le redini di una serie di attività come la gestione dell’assortimento, il category dell’intera area vendita, il visual merchandising e così via. In entrambi i casi, ha spiegato in particolare Gianluca Strata, vicedirettore generale e direttore retail di Cef, l’obiettivo sarà la standardizzazione dei processi nelle farmacie aderenti: sul piano professionale, con l’adozione di protocolli di consiglio «certificati» e di campagne di informazione e prevenzione; sul piano commerciale, mediante category management «centralizzato» e dinamica promozionale «coordinata»; infine, sul piano informativo-tecnologico, con l’introduzione di software di gestione «integrati» e business intelligence. «Il tutto» ha detto ancora Strata «nell’ambito di un piano che mira a raggruppare nelle due reti, entro il prossimo quinquennio, duemila farmacie, 1.500 in FarmaciaINsieme e 500 in +bene. Alle quali poi andranno aggiunte, ovviamente, le farmacie che vorranno avvalersi dei servizi Cef senza però aggregarsi in network». «Vogliamo dare ai titolari massima libertà di scelta» sottolinea ancora Losio «chi preferisce restarsene del tutto indipendente può farlo e continuare a usufruire dei nostri servizi come cliente, chi invece vuole aggregarsi può scegliere tra due distinte formule di rete».
La standardizzazione, in particolare, sarà anche la leva con cui Cef intende contrastare le catene di capitale che spunteranno una volta diventato legge il ddl concorrenza: soltanto la condivisione di processi, attività e “practice”, è la filosofia, può dare vita a un modello di business integrato che crei valore e tuteli così la farmacia indipendente rispetto alle multinazionali. Ma non solo: nei progetti della cooperativa, standardizzazione dei processi e gestione centralizzata delle attività rappresenteranno nel tempo anche l’impalcatura in cui collocare le farmacie che, eventualmente, Cef riterrà opportuno comprare. «Non intendiamo diventare un gruppo propritario, non ci interessa» avverte Losio «ma siamo consapevoli che, una volta aperta la porta al capitale, si concretizzeranno situazioni in cui potrà essere opportuno comprare: per esempio, penso a quei soci della cooperativa che, per stanchezza o perché non hanno eredi, metteranno sul mercato la loro farmacia. In quel caso, meglio che ad acquistare sia la cooperativa piuttosto che una multinazionale. Che cosa ne faremo? Stiamo pensando a un “contenitore” in cui collocarle, magari a partecipazione diffusa».