Esercitare ogni pressione nei confronti delle Regioni perché impartiscano un giro di vite alle autorizzazioni per l’attività di distribuzione farmaceutica. E’ l’intesa con cui giovedì si sono lasciate le sigle della filiera al termine dell’incontro su mancanti e contingentamenti voluto da Federfarma Servizi, la sigla che rappresenta le cooperative della distribuzione. L’esito del tavolo è una delusione soprattutto per loro: avrebbero preferito si concordassero ben altre soluzioni, anche di non immediata applicazione ma molto più radicali, che affrontassero il problema alla radice.
Questa radice si chiama parallel trade e nessuna delle sigle sedute al tavolo (Federfarma, Assofarm e Fofi per le farmacie, Farmindustria per i produttori, Adf per il resto della distribuzione intermedia) l’ha messo in discussione. Piuttosto, è riscattato il solito rimpallo sulle responsabilità: i grossisti hanno ricordato che con i permessi rilasciati negli ultimi mesi sono ormai più di 500 le farmacie autorizzate a fare distribuzione; le farmacie hanno risposto accusando i grossisti di essere la causa finale delle esportazioni parallele, perché i titolari che ridistribuiscono comunque da loro devono passare; i grossisti hanno replicato tirando in ballo broker e società di intermediazione, che offrono alle farmacie un servizio “chiavi in mano” comprendente persino il conseguimento dell’autorizzazione regionale. Federfarma, in ogni caso, ha ribadito che sul problema carenze la propria linea rimane quella suggerita nelle settimane scorse dall’Aifa: se il distributore risulta sprovvisto, la farmacia si può appellare all’articolo 105 del d.lgs 219/2006 e ordinare direttamente al produttore, che ha 48 ore di tempo per recapitare il medicinale.
Per Farmindustria però l’articolo 105 non può essere “la” soluzione: se tutte le farmacie ricorressero all’ordine diretto ogni volta che si registrano mancanti, le aziende produttrici andrebbero velocemente in tilt. Perché se è vero che le carenze sono legate alle esportazioni parallele, è altrettanto vero che l’attività produttiva delle big pharma è ormai concentrata in pochi siti sparsi per il pianeta, ed è programmata in base allo storico. Manca cioè la flessibilità per ovviare tempestivamente a picchi della domanda proveniente da singoli paesi. E poi non va dimenticato che il fenomeno delle carenze interessa cronicamente un ristretto numero di specialità (circa 200) prodotte da non più di una decina di multinazionali.
E allora? Allora l’unica convergenza che si poteva trovare al tavolo era quella che poi s’è concretizzata: le sigle avvieranno una robusta attività di “lobby” nei confronti delle Regioni per invitarle a una maggiore severità nel rilascio dei permessi per l’attività d’ingrosso farmaceutico e nel sottoporre a ispezioni le imprese già autorizzate. Non è definitivo, ma è già qualcosa.