Quasi il 50% degli italiani si dichiara interessato all’uso di supporti digitali da affiancare alla propria terapia farmacologica. E il 40% è favorevole all’impiego di “app” sul proprio smartphone. E’ quanto riporta Matthew Arnold, principal analyst di Manhattan Research, società di analisi e consulenza finanziaria del gruppo Decision Resources Group, a Pharmakronos, la newsletter dell’AdnKronos rivolta al mondo del Pharma. Secondo l’esperto, le imprese del farmaco sanno che il futuro è digital e sono molte quelle che, nel corso dell’ultimo anno, hanno stretto alleanze con giganti della tecnologia: Abbvie collaborerà con Google (che ha appositamente creato l’azienda Calico a tale scopo) nel campo delle malattie legate all’invecchiamento; Novartis ha annunciato la la nascita di una “joint investment company” con Qualcomm per individuare aziende che offrono tecnologie, prodotti o servizi rivolti a medici e pazienti. «Negli Stati Uniti, che da soli rappresentano due terzi del mercato globale di farmaci su prescrizione» spiega Arnold – la riforma sanitaria approvata nel 2010 ha già iniziato a riorientare il nostro sistema, puntando sugli “outcome”: ospedali e medici sono remunerati sempre più sulla base dei risultati che ottengono, piuttosto che sul numero di procedure che effettuano». Aumenta, di conseguenza, la ricerca di risorse che aiutino i malati a seguire la loro terapia. Un cambio di passo particolarmente importante, evidenzia l’analista, «soprattutto di fronte ai medicinali sempre più costosi che stanno arrivando sul mercato, onerosi sul breve periodo ma economici nel lungo, perché potrebbero ridurre la spesa per ricoveri e interventi.
Ecco dunque spiegato perché molte aziende “visionarie”, come Novartis, Sanofi e Merck, stanno già investendo nello sviluppo di strumenti che aiutino i pazienti a seguire al meglio la cura. Può trattarsi di materiale informativo online, che aiuti a capire la propria malattia e ad apprezzare la necessità di aderire alla terapia. Oppure di “reminder” in grado di ricordare quando si deve prendere la pillola, attraverso un sms, o con veri e propri dispositivi, che sono persino in grado di segnalare al medico se il paziente non ha preso la medicina a dovere. Per l’analista, «con la partnership di Novartis con Qualcomm, o con il Global Health Innovation Fund creato da Merck, stiamo assistendo a un cambiamento di alcuni dei giganti della farmaceutica, che hanno compreso come il loro futuro non stia soltanto in una pillola, ma piuttosto in un approccio olistico alla salute del paziente che prenda in considerazione fattori comportamentali ed economici, che misuri meno il proprio successo in termini di prescrizioni, ma più sulla base dei risultati». «La salute dei pazienti trattati, e non più solo il numero di pezzi venduti, sarà presto l’indicatore principale per misurare il successo o il fallimento di un’azienda farmaceutica», conclude Arnold.
Big Pharma vira sempre più su app e digitale
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