Di pari passo con l’aumento dei vegani, il calo del consumo di carne, il movimento No-Ogm e i ‘clean-lifers’, fenomeno che cresce in Europa come conseguenza dei nuovi stili di vita di numerosi millennials che vivono in modo salutare, all’alcol preferiscono centrifughe di frutta e verdura o birra analcolica, non fumano, fanno yoga e adorano la cucina crudista (riferisce l’ultimo report mondiale sui trend dei consumi condotto dalla londinese Euromonitor), cresce l’amore per il ‘biologico’.
Il fenomeno bio, in Italia, è stato appena fotografato in occasione della trentesima edizione di SANA, salone Internazionale del biologico e del naturale appena svolto alla fiera di Bologna. Qui hanno esposto oltre 950 aziende. In aria di stile di vita clean alternativa abbiamo visto dal ragù vegetale di soia e seitan alla polpa del frutto di Baobab, dal pesto di ceci bianchi bio al chewingum ‘eco-lover’ fatto di gomma biodegradabile, ai calzini benessere di fibre naturali alle pentole ‘salva-salute’. Tutti i generi di consumo prendono una piega ‘clean’ e ‘bio’, inclusi i prodotti di bellezza.
Benessere e bellezza bio
A Bologna sul fronte benessere spiccavano i nuovi shampoo-balsamo senza schiuma (senza tensioattivi chimici?) a base di olio di mandorle dolci biologico, i nuovi risciacqui per capelli al geranio per levare i residui di calcare dell’acqua, gli eye-liner green con salvia e olio di argan, innovativi elisir rigeneranti per le palpebre all’elicriso, acido ialuronico e vite rossa, le basi universali eco-bio e il make-up 100% vegetale. In fiera, meeting e convegni dedicati al mondo della cosmesi naturale hanno registrato il tutto esaurito e, secondo i dati presentati a Bologna dall’associazione Cosmetica Italia, i prodotti beauty ‘naturali’ valgono complessivamente 1 miliardo di euro.
Cos’è naturale e bio?
L’interesse si conferma altissimo ma cosa vuol dire naturale e come si sceglie un rossetto o uno shampoo ‘bio’? Che indicazioni dare in farmacia e come selezionare le marche che seguono i nuovi dettami?
Gli ingredienti ‘non chimici’ e i prodotti fabbricati secondo norme di rispetto ambientale sono percepiti come più sicuri dai consumatori ma, se in agricoltura e nell’ambito alimentare ci sono regole chiare in materia, nella cosmesi non ci sono obblighi e le certificazioni possono anche confondere le idee. Ad oggi, gli enti che dispensano bollini e certificazioni per i prodotti di bellezza vanno da Icea a Cosmos, da Ecocert a Aiab, da Ccpb a Natrue e Demeter. Si tratta di associazioni, imprese ed enti privati specializzati che operano da molti anni a livello europeo in questo settore e seguono parametri chiari e spesso simili che si possono consultare sui portali internet degli enti stessi.
A questi si aggiungono le ultime linee guida ISO 16128. L’International Organization for Standardization (ISO), la più importante organizzazione mondiale che redige standard di riferimento nei campi industriale, tecnologico, sulla sicurezza alimentare, sull’agricoltura e la sanità ha realizzato delle linee guida per tentare di far chiarezza sul tema dei prodotti e degli ingredienti beauty naturali e biologici. Non si tratta però di indicazioni rivolte ai consumatori, al nuovo ISO 16128 possono fare invece riferimento gli enti privati che certificano i prodotti bio e green appena citati ma non tutti condividono questi principi e non esiste alcun obbligo di adesione.
Non approva le indicazioni ISO, ad esempio, il gruppo di certificazione Natrue, associazione internazionale per la cosmesi naturale e biologica con sede a Bruxelles che ha certificato, ad oggi, circa 230 marche e 5.000 prodotti in tutto il mondo. «Senza pregiudizi, vediamo con favore iniziative internazionali volte alla riduzione della complessità normativa e che favoriscano le relazioni commerciali con una forte propensione alla lotta contro il greenwashing,» afferma Mark Smith, direttore generale di NATRUE. «Anche se sono entrambi standard volontari, la ISO 16128 non fornisce la stessa immediatezza e trasparenza garantita dagli enti privati che certificano il biologico».
Il punto debole della nuova ISO è, secondo Natrue, soprattutto dovuto alla carenza di precisazioni sull’uso di ingredienti di origine petrolchimica e ottenuti da OGM, banditi invece da tutti i disciplinari privati oggi presenti sul mercato. Spiegano dall’associazione: «I consumatori di cosmesi naturale e bio non si aspettano di trovare ingredienti vegetali modificati geneticamente in questi prodotti e di fatto essi sono vietati dagli standard privati di certificazione per le materie prime cosmetiche mentre la norma ISO non prevede tale requisito. Tra le varie coltivazioni OGM quelle che hanno anche un utilizzo in cosmetica sono, ad esempio, la soia ed il mais, anche sotto forma di amido, olio e derivati come le destrine ottenute dagli amidi».
Mentre si continua a dibattere su chi opera meglio nel concedere bollini e riconoscimenti, dal punto di vista normativo tutti i prodotti di bellezza sono fabbricati secondo un’unica legge che non fa differenza fra bio, eco, chimico o OGM. È il Regolamento del 2009 e punta a garantire l’innocuità di tutti i cosmetici per la salute umana, naturali o no. Per tutti perciò valgono le stesse regole sull’etichettatura, sull’uso di claims e sulla pubblicità ma riguardo l’uso dei termini bio ed eco il mercato è ancora libero.
Senza dubbio, al fine di ottenere una standardizzazione generale sul naturale e biologico, saranno necessarie ulteriori revisioni per delineare finalmente una norma o una legislazione armonizzata a livello globale. Per adesso la scelta quindi va fatta richiedendo all’impresa che fabbrica i “cosmetici bio” quali garanzie assicura e che tipo di certificazioni adotta.