L’assemblea pubblica di Assogenerici, tenutasi a Roma, è l’occasione per il presidente Enrique Häusermann per rimarcare un punto fondamentale: parlare di sostenibilità del sistema sanitario, come si fa da più parti, significa anche prendere atto di un disagio sociale che impedisce a un crescente numero di persone di avere accesso alle cure. Di qui il progetto sperimentale “Farmacie di strada”, proposto dall’Istituto di medicina solidale onlus e promosso, oltre che da Assogenerici, da Fondazione Banco Farmaceutico, associazione Banco Farmaceutico Research e Fofi. Negli ambulatori di medicina solidale di Tor Bella Monaca e del colonnato del Bernini sarà sperimentato per dodici mesi un modello pilota che prevede la distribuzione di farmaci donati da aziende e privati. Grazie all’operato di farmacisti volontari e secondo le prescrizioni mediche rilasciate dagli ambulatori stessi.
Proposte Assogenerici
Quanto ai temi più strettamente sanitari, Assogenerici sottopone nove proposte al Tavolo della governance istituito dal ministro Giulia Grillo:
1) compensazione trasversale tetti-fondi, mantenendo ogni avanzo nel capitolo della spesa farmaceutica;
2) revisione del pay back con criteri di equità e certezza (ripiani per quota di mercato impresa; sfondamento innovativi e orfani a regole attuali);
3) reinvestire nella farmaceutica tutti i risparmi derivanti da equivalenti e biosimilari;
4) prevedere l’obbligo di riapertura della gara ospedaliera all’avvento del primo equivalente;
5) disegnare capitolati di gara che garantiscano prevedibilità e sostenibilità delle forniture (anti-carenza);
6) rivedere il Pht, uniformando l’elenco dei farmaci in distribuzione diretta e per conto ed escludendo i farmaci fuori brevetto di normale utilizzo nell’assistenza territoriale;
7) eliminare il patent linkage (una norma che ritarda l’ingresso sul mercato italiano dei generici);
8) semplificare le procedure autorizzative e negoziali dei farmaci equivalenti;
9) sostenere l’adozione dell’Spc Waiwer, sia per l’export sia per lo stoccaggio, eliminando i paletti oggi previsti nella proposta della Commissione Ue. (Si tratta di un provvedimento che, se varato, consentirebbe la produzione di medicinali generici durante la vigenza del Certificato di protezione complementare ai soli fini dell’esportazione nei mercati dove questo sia scaduto o non in vigore).
Per farla breve, i cardini su cui si impernia questo elenco di proposte sono la necessità che i risparmi per il Servizio sanitario nazionale garantiti da generici e biosimilari siano reinvestiti nella filiera; che l’annosa discussione sul payback – l’onere per le aziende di riparare agli sforamenti di budget della spesa farmaceutica – arrivi alla agognata revisione di una procedura considerata punitiva per le imprese; che il comparto industriale dei produttori di equivalenti venga tutelato da misure che consentano loro di non ridurre i margini ai minimi termini, causando un ridimensionamento del settore.
Va ricordato che entro il 2023 andranno in scadenza di brevetto farmaci che determinano una spesa di 3,1 miliardi di euro l’anno; nel triennio 2018-2020, con l’arrivo dei farmaci equivalenti di diverse molecole in scadenza di brevetto, si raggiungeranno risparmi cumulati superiori a 800 milioni di euro. Mentre sul fronte dei biologici, tra il 2018 e il 2022 perderanno la protezione brevettuale sette molecole (adalimumab, trastuzumab, bevacizumab, insulina lispro, ranibizumab, teriparatide, pegfilgrastim) che oggi vantano un mercato annuale di circa un miliardo di euro.
«L’obiettivo deve essere quello di limitare l’impatto di fattori socio-economici sullo stato di salute delle persone e sostenere il Ssn, un modello unico, che troppo spesso diamo per scontato», sintetizza Häusermann. «In quest’ottica la scelta di equivalenti e biosimilari è una scelta etica».