All’inizio si chiamavano “farmaci generici”, dalla traduzione di generic medicinal product, poi sono diventati equivalenti, con l’obiettivo di concentrare l’attenzione non tanto sulla mancanza di brand, ma sulla pari efficacia farmaceutica. Sembra rimanere però una certa resistenza di medici e pazienti che vedono erroneamente questi farmaci come una occasione di risparmio per il sistema sanitario nazionale a discapito della qualità.
Da ora cambia nome anche l’associazione delle aziende produttrici di generici, che da Assogenerici diventa “Egualia, Industrie farmaci accessibili”. Come riportato in una nota, questo nuovo nome rispecchia maggiormente la realtà associativa, che punta a rimuovere gli ostacoli per rendere accessibili le cure “unendo intelligenza, scienza, sostenibilità, cambiando le prospettive del benessere per i cittadini”.
Più di 250 milioni di euro di investimenti
La Legge 28 dicembre 1995, n. 549, ha introdotto nell’ordinamento italiano la “nozione di medicinale generico”, apportando una modifica al regime di autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali, prevedendo di fatto la possibilità di immettere sul mercato farmaci copia di altri il cui brevetto sia scaduto.
«Nell’esperienza vissuta quest’anno, la nostra industria si è riconosciuta e conosciuta meglio e dall’unità di intenti che l’ha guidata in questi mesi ha tratto una decisione importante, una rivoluzione positiva», ha spiegato Enrique Häusermann (nella foto), presidente Egualia in una nota presentata in occasione dell’assemblea pubblica del comparto equivalenti, biosimilari e value added medicines. «E con questo spirito noi oggi decidiamo di cambiare veste, per iniziare a chiamarci con un nome che ci rappresenta, ci descrive e spiega quello che le migliaia di persone impegnate quotidianamente nelle nostre aziende fanno tutti i giorni, ispirandosi e riaffermando un principio sacrosanto che rappresenta uno dei pilastri del Ssn: quello dell’Eguaglianza davanti alla malattia e al bisogno di salute». Sul tavolo, oltre al nuovo nome, 256 milioni di euro di investimenti per progetti nell’ambito del Recovery Fund per potenziare la produzione di farmaci e principi attivi.
«Dobbiamo costruire catene di approvvigionamento resilienti, offrire strumenti di sviluppo sostenibile alle imprese farmaceutiche, ripensare la struttura della distribuzione farmaceutica, correggere alcuni effetti negativi della globalizzazione della produzione farmaceutica, trovare soluzioni ai rischi legati alla mancanza di prodotti in caso di crisi, ideare nuovi modelli di approvvigionamento pubblico», ha proseguito il presidente. «Perché non c’è delitto peggiore che sprecare una crisi».
L’associazione si propone l’avvio al più presto di una nuova politica industriale capace di garantire la sostenibilità del comparto farmaceutico, con l’obiettivo di riportare l’Europa alla sua posizione di leader mondiale nella produzione sia di farmaci che di principi attivi.
Tre gli obiettivi da raggiungere: la salvaguardia della produzione europea, per scongiurare qualsiasi carenza di approvvigionamento; la realizzazione di un sistema regolatorio efficiente, investendo prima di tutto sulla digitalizzazione e sulla piattaforma europea dei dati sanitari; la pianificazione di un modello di prezzi e rimborso e meccanismi di gara sostenibili nel tempo.
«L’obiettivo», ha aggiunto Häusermann, «è rendere l’industria europea del farmaco più competitiva rispetto agli altri mercati, non solo attraverso incentivi – fiscali e non – mirati ai produttori, ma anche con strumenti che possano garantire una competizione ad armi pari con i grandi hub produttivi extra-europei. Tra questi strumenti vi sono, senza alcun dubbio, le tecnologie in chiave Industria 4.0. Per la prima volta abbiamo, come giustamente ricordato dal Ministro Speranza, una grande opportunità, abbiamo la possibilità di investire in progetti strategici per il Paese, attraverso i fondi che arriveranno con il Recovery Fund».