Filiera farmaceutica nel caos per l’articolo 62 sui tempi di pagamento nella compravendita di prodotti agroalimentari. La norma è quella del decreto “Salva-Italia” (legge 27/2012) che fissa scadenze strettissime (30 giorni per le merci deteriorabili e 60 per le altre) nelle transazioni commerciali dell’agroalimentare. L’obiettivo del provvedimento doveva essere quello di tutelare i produttori agricoli dallo strapotere dei grandi gruppi della distribuzione organizzata; poi nel mucchio è finito anche l’alimentare (integratori, biologici e dietetici compresi) e a ottobre, quando è stato varato il decreto attuativo, le farmacie hanno scoperto di avere una nuova gatta da pelare. Sì perché la norma introduce nei rapporti tra operatori “rigidità” che negli esercizi di vendita al dettaglio si fanno fatica a capire: a parte i tempi di pagamento di cui s’è già detto, spicca l’obbligo di fissare sempre per iscritto le condizioni di vendita e l’impossibilità per il creditore di concedere dilazioni di pagamento, anche in caso di carenza di liquidità da parte del compratore.
Le indicazioni che arrivano da distributori intermedi e gruppi d’acquisto dicono che al momento sono soprattutto i grandi brand ad applicare i nuovi tempi di pagamento. Altre invece continuano a praticare dilazioni più ampie ed è proprio qui che comincia la confusione: il decreto attuativo dell’articolo 62, infatti, specifica che chi compra a condizioni diverse da quelle imposte per legge si espone all’accusa di «condotta commerciale sleale» e rischia sanzioni da parte dell’Antitrust. In teoria, quindi, i titolari farebbero bene a sottoscrivere solo contratti che prevedono pagamenti a 30 o 60 giorni, ma tra gli operatori circolano voci insistenti di prossimi ritocchi alla legge (da parte del nuovo Parlamento o del nuovo governo) tra i quali l’esclusione delle farmacie dall’ambito di applicazione.
Anche l’Antitrust contribuisce a fare confusione. Nei giorni scorsi, infatti, l’Autorità garante ha diffuso una bozza di regolamento (ancora da approvare) in cui si scrive che ricadono sotto la sua “attenzione” soltanto «le relazioni economiche tra gli operatori della filiera connotate da un significativo squilibrio nelle rispettive posizioni di forza commerciale». Se fosse confermata, l’indicazione parrebbe escludere i titolari dai controlli dell’Antitrust, perché è difficile che la farmacia abbia la forza di mercato da imporre condizioni-capestro ai suoi fornitori. Per alcuni operatori, la bozza confermerebbe dunque l’esclusione delle farmacie dall’articolo 62, ma è una lettura azzardata. «La legge parla di 30 o 60 giorni» conferma Marco Cossolo, amministratore delegato di Farmauniti e segretario di Federfarma Piemonte «nessuno può legittimamente dire che si può anche non rispettare. Certo resta il fatto che c’è parecchia confusione». Confusione è la parola che prevale anche in Federsalus, l’associazione nazionale delle aziende di prodotti salutistici, dove si conferma la ridda di voci su imminenti correttivi da parte di questa o quella fonte istituzionale.
Intanto nella filiera si va avanti a vista.
Articolo 62, prevale la confusione
In vigore da fine ottobre, la norma che fissa tempi di pagamento strettissimi nelle transazioni commerciali di integratori e alimenti viene applicata con molte incertezze nella filiera del farmaco
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