Dazi Usa, pressing dell’industria farmaceutica sulla Ue: serve una risposta politica

Dazi Usa, pressing dell’industria farmaceutica sulla Ue: serve una risposta politica

I dazi Usa tornano a far tremare il settore farmaceutico europeo, con il rischio concreto che anche i medicinali finiscano nella lista dei prodotti colpiti dalle nuove misure tariffarie annunciate da Washington. Il punto di attenzione si sposta ora su Bruxelles, dove l’industria ha chiesto alla Commissione europea un intervento politico chiaro per proteggere la filiera.

 

 

 

L’appello all’Europa: non coinvolgere la salute

In un confronto diretto con la presidente Ursula von der Leyen, le principali associazioni del settore – tra cui anche Farmindustria – hanno espresso forte preoccupazione per un possibile strappo americano che romperebbe l’equilibrio costruito in decenni di scambi senza barriere in ambito sanitario. L’esenzione dai dazi per i prodotti farmaceutici è stata finora rispettata da entrambe le sponde dell’Atlantico, in coerenza con gli impegni multilaterali sull’accesso alle cure. Ma l’ipotesi di un ripensamento unilaterale da parte degli Stati Uniti, rilanciata da dichiarazioni recenti dell’amministrazione americana, mette ora in allerta anche l’Italia.

Con oltre 11 miliardi di euro di farmaci esportati ogni anno verso gli Stati Uniti, il nostro Paese è tra i più esposti. A preoccupare, in particolare, è la posizione di molti produttori in conto terzi, che potrebbero vedere ridotta la competitività delle proprie sedi italiane a vantaggio di stabilimenti in aree non colpite dalle tariffe.

Il messaggio recapitato a Bruxelles dal mondo industriale è chiaro: la salute non può essere trascinata in un confronto commerciale. Il settore chiede che la Commissione si attivi con gli strumenti diplomatici disponibili per difendere un comparto che rappresenta una delle voci più solide dell’export europeo e un presidio strategico per l’autonomia sanitaria del continente.

«Se scattassero dazi sui farmaci, sarebbe una sconfitta anche per gli Stati Uniti» avverte Marcello Cattani, presidente di Farmindustria. Questi ostacoli, spiega, rischiano di provocare carenze di medicinali oltreoceano e un’impennata dei costi, innescando un domino che potrebbe spostare investimenti verso la Cina. Gli Usa non possono rimpiazzare le forniture farmaceutiche europee, avverte Cattani, perché nessun altro Paese può colmare rapidamente il vuoto di medicinali innovativi e di qualità made in Italy.

Dal fronte dei farmaci equivalenti, il presidente di Egualia Stefano Collatina parla di dazio-boomerang. Colpire i medicinali con tariffe, osserva, danneggerebbe l’industria di entrambe le sponde e penalizzerebbe i pazienti. Negli Usa quasi il 90% delle ricette è coperto con farmaci generici; un rincaro delle forniture rischia di mettere in crisi una filiera già sotto pressione. Gli Stati Uniti importano circa il 70% dei princìpi attivi dall’estero, di cui un quarto dall’Europa, e per molte molecole essenziali l’Europa è l’unico fornitore. Senza l’esenzione per i medicinali, conclude Collatina, gli Usa finirebbero per dipendere dalla Cina per i farmaci essenziali, perché i dazi verso l’Europa ridurrebbero le fonti di approvvigionamento.

Anche il governo italiano sta seguendo da vicino il dossier. Pur mantenendo un profilo cauto, il ministero delle Imprese e del Made in Italy guarda con attenzione all’evoluzione del negoziato, consapevole del valore che la filiera farmaceutica ha per l’economia e l’occupazione nazionale. In attesa di capire se le minacce americane si tradurranno in misure concrete, l’industria sceglie la via del confronto e della pressione politica. Ma la finestra per intervenire, fanno sapere i rappresentanti del settore, rischia di non restare aperta a lungo.

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